La Comunità Greca a Trieste

Con la Patente di Carlo VI (1719), la allora piccola città di Trieste (poco più di 5.000 abitanti) si avviò a diventare un importante porto commerciale, capace di competere con Venezia. Questo avvenne in meno di mezzo secolo, con l’apporto dei commercianti stranieri, fra cui i Greci, che all’epoca non avevano un proprio Stato, ed erano per lo più sudditi veneziani o ottomani.
Secondo lo Stefani, il primo mercante proveniente dalla Grecia era giunto a Trieste già nel 1714, proveniente da Napoli di Romania (l’odierna Nauplia). Si tratta di quel Liberale Baseo, figlio di Giacomo, che poi rimase a Trieste, abitò in Via Malcanton e dal 1723 fu "Console delle Nazioni greca e ottomana" – e che forse, a giudicare dal nome, più che un greco, era un levantino, proveniente da quella Nauplia che era stata una roccaforte veneziana dalla IV Crociata fino alla conquista ottomana.
Il primo greco attratto dalle favorevoli condizioni offerte dal porto franco arrivò a Trieste nel 1734, proveniente da Zante (ancora veneziana): si trattava di Giovanni Mainati, con la moglie e il figlio Costantino, che si sarebbe poi sposato con una ragazza triestina. In base alle leggi del tempo, i suoi figli diventarono cattolici dando origine al ramo da cui discende quel Don Giuseppe Mainati, che fu canonico di San Giusto e storico triestino agli inizi dell’Ottocento, autore dei Dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino.
Nel 1748 le famiglie registrate erano già 7, fra cui quelle di Giorgio Prevetto e
Giorgio Marulli (venditori di acquavite all’imbocco di Piazza Grande), Teodoro Petrato (caffettiere nella stessa Piazza) e Atanasio Nicco ("cappottajo" vicino al Mandracchio).

Nel 1751 la presenza attiva dei Greci ottenne il permesso di costruire una chiesa ortodossa (insieme con gli "Illirici", cioè con gli altri ortodossi dei Balcani): i privilegi vengono concessi, secondo Olga Katsiardì-Hering "‘ai Greci dati al rito della Chiesa Orientale’ e ai membri ‘di tutta la Nazione’, nessuno escluso. […] Il termine ‘greco’, usato per i membri della comunità, era decisamente di carattere religioso e non esclusivamente etnico. Il significato duplice del termine avrebbe causato in futuro controversie e rivalità, basate su un’interpretazione parziale o equivoca da parte delle due parti interessate. La ‘nazione greca’ dei privilegi, o ‘nazione greco orientale’, non costituiva in questo periodo preciso oggetto di rivendicazione etnica né per l’amministrazione austriaca né per i Greci e i Serbi (‘Illirici’)".
La chiesa sarà quella di San Spiridione, inaugurata nel 1753 dal metropolita del Montenegro Basilio Petrovich, alla presenza del governatore di Trieste Nicolò Hamilton. Nell’occasione, l’abate Omero Damasceno diviene archimandrita. Già in questo momento sono 14 le famiglie greche presenti, provenienti dalle Isole Ionie, dal Peloponneso, dall’Epiro, da Missolungi, da Creta e dalle isole dell’Egeo, ma l’esistenza della chiesa e dei privilegi attrae sempre più Greci. Dalle carte degli archivi, Spiridione Nicolaìdi cita i cognomi Axiotti, Aretòpulo, Bojazoglu, Carburi, Cartulari, Dimòpulo, Giacomòpulo, Pulo, Zangòpulo,

Nel 1775, da Smirne arriva Demetrio Carciotti, personalità di grande portata, che insieme ai fratelli costruì il grande palazzo sulle Rive. Di lui Olga Katsiardì illustra ampiamente l’attività e l’influenza, commentando anche il suo testamento:

"[…]Originario di Astros nel Peloponneso concluse la sua vita, […] iniziata a Smirne, con un testamento rogato nel 1819. Senza figli, lasciava un patrimonio costituito da 4 immobili nella città muova, e in particolare il prestigioso Palazzo Carciotti, in fedecommesso a suo nipote, il Diacono Procopio, figlio di suo fratello, a condizione che, ottenuto dal Patriarca il permesso di sposarsi, generasse figli maschi; in caso contrario, lasciava tutto ai figli maschi dei suoi fratelli, a condizione che si sposassero con donne greche".

Egli fu il maggior fautore della separazione dei Greci dagli Illirici: già nel 1780, in seguito a una lunga serie di attriti per l’uso della chiesa di San Spiridione, i Greci avevano cominciato a tenere le funzioni religiose separatamente, e nel 1782 i 63 capifamiglia residenti a Trieste decisero di costituirsi in Comunità e di costruirsi una chiesa tutta per loro.

La Nuova Comunità, per far fronte alle prime necessità, acquista per 6.000 fiorini un terreno vicino all’odierna Piazza Goldoni: nella parte superiore si colloca il Cimitero (dove un tempo aveva sede "Il Piccolo") e nella parte inferiore (dove adesso è l’ex-Ospedale dei Greci) si fonda una cappella per le necessità del culto, in attesa che venga costruita la nuova chiesa di San Nicolò, su un terreno in riva al mare acquistato per 21.000 fiorini. Il 30 aprile 1784 fu posata la prima pietra della chiesa di San Nicolò, stavolta alla presenza dell’Arcivescovo greco di Modone, Ànthimos, e del governatore di Trieste, conte Pompeo de Brigido. La Chiesa sarà consacrata nel 1787, mentre lo statuto della Comunità fu definitivamente approvato da Giuseppe II nel 1786 A questo punto, i documenti d’archivio ci dicono che i Greci erano 542 (mentre gli Il lirici erano solo 163).

Nell’anno della presa della Bastiglia, a Trieste fu fondata la Società Greca di Assicurazione (divenuta, nel 1807, Società Greca di Assicurazioni Marittime), a cui seguirono altre iniziative in campo assicurativo, confermando l’importanza della presenza dei Greci nella vita economica della città.

In quello stesso periodo, era in corso una guerra Russo-Turca (1787-1792), con l’Austria alleata della Russia: la Comunità di Trieste finanziò le imprese del corsaro greco Lambros Katsonis (1752-1804), che attaccava le navi turche nel Mediterraneo.

Durante le guerre napoleoniche Trieste subì per tre volte l’occupazione francese, nel 1797. nel 1805-06 e infine nel 1809-1813. Se le prime due occupazioni non rallentarono seriamente lo sviluppo delle attività commerciali e assicurative di Trieste – anzi: la cessione di Venezia all’Austria dopo il Trattato di Campoformido (Ottobre 1797), eliminando una storica concorrente nei traffici col Levante, diede maggiore impulso alle attività del porto di Trieste, la terza occupazione ebbe maggiore impatto. Essa fu infatti la più dura, anche perché fu la più lunga e costosa, dal punto di vista delle contribuzioni richieste dagli occupanti: i Francesi presero anche degli ostaggi, fra cui 4 appartenenti alla Comunità Greca, tenuti prigionieri, con altri 27 triestini, nella fortezza di Palmanova: si trattava di quattro appartenenti alle famiglie più prestigiose, Ciriaco Catraro, Giorgio Tabisco, Demetrio Carciotti e Michele Andrulachi.

Un episodio verificatosi a margine delle guerre napoleoniche è l’arresto di Rigas Velestinlìs, il protomartire della Rivoluzione greca, avvenuto a Trieste nel Dicembre 1797, in seguito a denuncia di un membro della Comunità. Rigas fu poi consegnato dagli Austriaci, insieme con 6 o 7 suoi affiliati, al Kadì di Belgrado, che, dopo averli tenuti rinchiusi nella fortezza del Kalimegdan, li fece tutti strangolare senza processo e gettare nel fiume Sava.

Alla fine delle guerre napoleoniche, comunque, la Comunità Greca di Trieste ricominciò a fiorire e in seguito, dopo la rivoluzione del 1821, acquisì rapporti privilegiati col nuovo Regno di Grecia, ampliando e rafforzando i suoi interscambi commerciali.

Il XIX secolo vede un’evoluzione delle attività e degli atteggiamenti dei Greci stabilitisi a Trieste. In particolare, da un’analisi dei documenti di archivio si osserva, a partire dal 1815, un aumento dei matrimoni misti (1815-19, 13:5; 1820-24, 31:10; 1825-29, 33:21), soprattutto fra gli appartenenti alle classi meno abbienti della Comunità:

"L’endogamia sociale si incontra più spesso tra le classi socio-economiche superiori, in particolar modo tra quelle che, durante la seconda metà del XIX sec. Vennero da Chios e da Smirne e che contribuirono allo sviluppo di reti d’affari in varie città dell’impero ottomano, della Grecia, dell’impero asburgico, della Francia del Sud, dell’Inghilterra, dell’India, dell’America".

È nel periodo di mutamenti delle guerre napoleoniche - e poi della Rivoluzione greca – che i membri più abbienti della Comunità non sono più semplicemente commercianti di merci in transito, ma si orientano sempre più verso il commercio internazionale e gli affari bancari e le assicurazioni. Agli inizi dell’Ottocento "il settore delle Assicurazioni Marittime diventa un campo di grande interesse per l’investimento di capitale greco".

"Nel settore assicurativo si distinsero i greci Andrea Cloconi, Pietro Moraitini, Antonio Còcchini, Giorgio Carciotti, Anastasio Antonòpoulo, Antonio Niotti, Giovanni Jsaja, Michele de Thys, fondatori della Compagnia d’Assicurazioni Particolari […] Nel 1804 le azioni dello Stabilimento di assicurazioni furono divise per il 70% fra 8 greci e il 30% fra altri triestini. La società Amici Assicuratori (1801) era esempio di collaborazione fra Greci ed ‘Illirici’".

Nel periodo della Rivoluzione greca (1820-1830), oltre alle attività assicurative marittime le grandi famiglie della Comunità greca si occupano anche sempre più di operazioni bancarie.

"Probabilmente la creazione del Greco Banco d’Assicurazioni (1824) e dell’Adriatico Banco d’Assicurazione (1826), e il gran numero di società di assicurazioni fondate nel periodo 1826-29, influirono sulla decadenza della Società Greca di Assicurazione che era stata fondata già nel 1789. Nicolò Canelli, Giorgio Bojazoglou, Cesare Pellegrini, Giovanni Tabisco, Panos Spyrou, Teodoro Mantzourani, Niccolò Renieri, Paolo Bachatori, noti negozianti di Trieste, furono i più importanti dirigenti della società.

Nel Greco Banco d’Assicurazioni sono presenti alcune delle più note e importanti "famiglie di Chios, la cui importanza sarà presente per tutto il XIX secolo a Trieste: 6 Triestini e 18 Greci (fra essi […] Ambrosio di Stefano Ralli, Leonardo Vuro, Giorgio e Giovanni Saramangà, Vlastò e Compagnia) comprarono 102 delle 150 azioni del Banco. Ambrosio Ralli sarà dal 1838 esponente direttivo delle Assicurazioni Generali delle quali fu fondatore Giovanni Ralli, anch’egli di Chios".

L’Adriatico Banco d’Assicurazione (1826) è nato a opera del greco di Zante Angelo Giannichessi. La società rimase in vita fino al 1862, anno in cui si fuse con la Riunione Adriatica di Sicurtà, fondata nel 1838 sempre su impulso di Giannichessi, che ne resterà Registratore quasi a vita.

"L’avvicendarsi dei Greci come esponenti del quadro direttivo della RAS (Stamati Zizinia, Michele Delta, Costantino Mitrovachi e altri) mostra la continuità delle relazioni con la comunità greca".

Nel 1891 Trieste perse lo statuto di porto franco. Molti dei Greci più facoltosi abbandonarono il commercio e si diedero con più vigore all’industria:

"L’uso del vapore nel settore industriale [aveva permesso] la creazione della società del molino a vapore. Così nella Società del Molino a vapore del 1843, rinnovata nel 1856, tra i 10 azionisti troviamo anche Giovanni Scaramangà; nella Nuova Società del Molino a vapore, nel 1876, Censore sostituto era Teodoro Manussi. La maggiore unità industriale in questo settore fu la Molino a vapore (per le Farine) di Demetrio e Andrea Economo, fondata nel 1871 […] nel 1885 occupava 264 operai, impiegava una macchina a vapore con 400 cavalli di forza e produceva farina per un valore di 3.730.000 fiorini. Fu però distrutta da un incendio nel 1900".

Altri esponenti della Comunità, come Ambrosio di Stefano Ralli, Cimone Ralli (fondatore della filanda di Monfalcone nel 1883), Pietro Giovanni Saramangà, Giovanni Economo, in associazione fra loro o con austriaci e triestini, si occuparono di filatura e tessitura.

"Imprenditori come gli Economo, gli Scaramangà, i Galatti, gli Afenduli e gli Evlambio ebbero molti riconoscimenti in questo contesto [imprenditoriale] […] Appartenendo all’élite economico-sociale, ci si aspetterebbe che i Greci avessero preso attiva parte al governo della città. La partecipazione alle cose pubbliche oscilla secondo i periodi e soprattutto è evidente in cariche che hanno relazione diretta con l’amministrazione economica (Borsa, Camera di Commercio) […]; meno importante è il coinvolgimento nell’amministrazione locale. La carica di consigliere del Municipio la ottennero Teodoro Duma e Anastasio Vardacca nel 1865 e Paolo Barone Ralli (1885)".

Dopo la costituzione dello Stato italiano (1861) e soprattutto dopo la III guerra d’indipendenza e il cambiamento di governo a Trieste (1867), la Comunità greca resta sostanzialmente lealista nei confronti dell’Impero Austriaco. Simpatie irredentiste manifesta solo Demetrio Livaditi (direttore del giornale satirico ‘La Ciarla’ nel 1858) e poi i caduti della I guerra mondiale Spyro Tipaldo Xydias ed Ernesto Grammaticopoulo.

"Già dall’ultimo quarto del XVIII secolo i Greci economicamente più potenti [avevano cominciato a richiedere] la cittadinanza austriaca […] soprattutto per aver diritto di far battere bandiera austriaca alle loro navi. ‘Fondi generosi’ erano il presupposto necessario per ottenere detta cittadinanza, dalla quale traevano profitto soprattutto i negozianti. Membri di centri filologici (Minerva). di logge massoniche, con un interesse spiccato per la creazione di fondazioni filantropiche (Ralli, Economo, Scaramangà, Di Demetrio) si erano totalmente integrati al modo di vita della società borghese del XVIII e XIX secolo".

Con questo si è vista a sufficienza l’importanza degli esponenti della Comunità Greca nello sviluppo economico della città. Altrettanto interessante è l’attività culturale di molti dei principali esponenti della Comunità Greca, particolarmente importante almeno finché durò l’Austria-Ungheria. Prima di tutto, a livello internazionale, va ricordata l’edizione di giornali in lingua greca e la loro diffusione in tutte le zone dei Balcani e del Mediterraneo abitate da Greci: "Imera" - "Nea Imera" (fondato nel 1855 da Ioannis Isidoridis Skilitsis di Smirne. Dal 1874 prende il nuovo titolo "Nea Imera": viene pubblicato a Trieste fino al 1912, quando si trasferisce ad Atene); "Kliò" (fondato e diretto da Dionisios Therianòs dal 1861 al 1883).

Non meno importante, per la città, la costruzione di edifici eleganti e imponenti che ancora l’adornano: basti ricordare la Chiesa di San Nicolò e Palazzo Carciotti (sulle Rive); l’"Ospedale dei Greci" (in Piazza Goldoni); la "Casa degli Sposi" (in via Fabio Severo – donazione del Barone Ralli); il Cimitero monumentale (dal 1817 in Via della Pace); la Scuola greca femminile (Via Mazzini, 3); Palazzo Galatti (Piazza Vittorio Veneto); Palazzo Economo (Piazza della Libertà); Casa Stratti (Piazza Unità – Caffè degli Specchi); Villa Economo (Via Franca); Villa Hatzicosta (Passeggio Sant’Andrea); Villa Stavròpulos (Riviera di Grignano); i Padiglioni dell’Ospedale Psichiatrico di San Giovanni (donazione di Giorgio Galatti); il Museo Giovanni Scaramangà di Altomonte (Via Filzi, 1); il Civico Museo di storia patria e Stavròpulos (Via Imbriani, 5). La Comunità è tuttora amministratrice di un ingente patrimonio edilizio, che negli ultimi anni è stato in gran parte restaurato.
Fra le iniziative culturali più qualificanti ci fu la fondazione e gestione di una scuola greca che attraeva professori e studiosi di fama, costituzione di ricche biblioteche, una delle quali attualmente inclusa nella Biblioteca Civica (Fondo Therianò), l’istituzione di premi prestigiosi, come il "Premio Economo" per studi e pubblicazioni relativi alla cultura greca.
Il cambiamento di stato della città e del porto dopo la fine della prima guerra mondiale e l’unione con l’Italia, e poi l’avvento del fascismo, notoriamente poco incline a rispettare i diritti delle minoranze, ebbe conseguenze anche sulla Comunità Greca: Nel 1934 chiuse anche la scuola, dopo oltre 130 anni di attività.
I rapporti della Comunità Greca con lo Stato italiano si normalizzarono, dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma nel frattempo era cambiato il mondo. Molte delle grandi famiglie che hanno lasciato i loro nomi alle strade e agli edifici della città, inoltre, non esistevano più.

Il presente e il futuro

Un certo numero degli studenti venuti a frequentare l’Università, tuttavia, sono rimasti e hanno portato forze fresche alla Comunità: agli inizi degli anni ’90 è stata riaperta una scuola della Comunità, con un maestro distaccato dal Ministero Greco dell’Educazione, che offre corsi di lingua pomeridiani ai bambini dai 5 ai 14 anni. La Comunità è tuttora retta dallo Statuto approvato da Giuseppe II nel 1786, che per l’epoca era molto avanzato, ma attualmente non è più in linea né con la Costituzione italiana, né con quella greca. Aggiornarlo può significare un significativo apporto di forze fresche per governare il futuro della Comunità, a vantaggio anche della città.

Lucia MARCHESELLI LOUKAS