Rigas Ferreos e Trieste


«Chi pensa liberamente pensa bene» Απάνθισμα
«Όποιος ελεύθερα συλλογάται, συλλογάται καλά » Φυσικής

Rigas, nato nel 1757 a Velestino, in Tessaglia (vicino all’antica Fere), e morto a Belgrado nel 1798, appartiene alla terza "generazione" degli illuministi greci: pur non essendo un fanariota, visse e operò, almeno negli anni della sua vita da adulto, per lo più a Costantinopoli e in Valacchia.
È possibile che, come del resto molti suoi contemporanei, non avesse un cognome, ma solo un patronimico. Il nome che si era scelto, e con cui si firmava, comunque, era Rigas Velestinlìs: talvolta, per chiarire meglio la sua provenienza, aggiungeva anche Thettalòs (il Tèssalo). In tempi di katharèvusa questo nome è stato poi "nobilitato" in Fereos.

Non si sa tuttora (e probabilmente non si saprà mai) nulla di certo sui primi anni della sua vita, a parte il fatto che certamente ricevette un’istruzione completa; le fasi successive della sua vita e della sua attività, dopo il trasferimento a Costantinopoli e poi in Valacchia, sono state invece investigate in modo abbastanza approfondito: fra il 1782 e il 1785 fu a Costantinopoli, grammatikòs e precettore dei figli di Alèxandros Ipsilandis, mentre nell’aprile del 1788 si trovava a Giùrgevo, in Valacchia. A quanto pare, Rigas, che in quel periodo si trovava a essere grammatikòs di Mavroghenis, fu da questi nominato eparco, cioè addetto alla sussistenza e alle comunicazioni dell’esercito turco nella zona di Craiova (Valacchia Occidentale).
Nel 1790-91 era invece a Vienna, grammatikòs dell’ex gran serdàr Christòdulos Kirlianos. Il soggiorno a Vienna, che lo portò al centro della vita europea, nell’ambiente, per lui quanto mai stimolante, di una comunità greca ricca e culturalmente vivace, fu l’occasione per dare alle stampe alcune opere, che certamente aveva composto prima di partire: assieme al Florilegio di Fisica, infatti, pubblicò un’antologia di racconti, la Scuola degli Amanti Raffinati, e aprì una sottoscrizione per pubblicare la traduzione dell’Esprit des Lois di Montesquieu, che però non ci è pervenuta.
Rigas rimase a Vienna poco più di sei mesi, ma una prova della sua intenzione di non perdere i contatti con gli ambienti intellettuali dei Greci di Vienna, nonostante il rientro in Valacchia, è la sua richiesta di abbonamento, nella primavera del 1791, alla prima rivista greca, "Efimerìs" ("Giornale"), che proprio a Vienna veniva stampata: l’esperienza nella capitale austriaca, durante il conflitto con la Turchia e in un momento di grande fermento culturale, contribuì probabilmente in modo decisivo a orientare il pensiero e i progetti di Rigas negli anni successivi.
Fra il 1791 e il 1796, sappiamo per certo che Rigas fu residente in Valacchia, dove aveva una casa a Bucarest, ma anche un podere a Vida. Di questo periodo esistono parecchie testimonianze: documenti di archivio, ma anche notizie da varie fonti, che mostrano Rigas impegnato in attività imprenditoriali e commerciali, ma anche civiche.
Negli anni seguenti la fine della guerra russo-turca (1792), comunque, anche in quelle zone periferiche comincia a farsi sentire il contraccolpo della Rivoluzione francese: non solo la decapitazione del re, che ovviamente mise in subbuglio tutte le corti europee, ma anche l’eco delle vittorie napoleoniche.
È certamente in Valacchia, durante questi stessi anni, che Rigas preparò la maggior parte delle opere che diede alle stampe a Vienna, quando, nell’agosto del 1796, decise di tornarvi: opere, anche in questo periodo, di argomento vario, alcune elaborate in collaborazione con altri, e tuttavia legate da un filo rosso che gli studiosi più attenti non hanno mancato di individuare.
Una parte cospicua dell’attività editoriale di Rigas è infatti rappresentata, anche in questa seconda fase, da opere letterarie, di per sé ben lontane dallo spirito rivoluzionario dell’epoca: la traduzione dell’Olimpiade del Metastasio e della Pastorella delle Alpi di Marmontel, ad esempio, fanno parte più del programma propedeutico di educazione "morale" alla modernità a cui appartenevano, per altri versi, anche le opere del 1790, che di un piano strettamente politico. E tuttavia non rappresentano scelte casuali o incongrue.
Non bisogna mai dimenticare, infatti, che nonostante le maggiori libertà, anche culturali, di cui godevano la Moldavia e la Valacchia, con le loro Accademie di Iassi e di Bucarest, il livello di evoluzione sociale e di costume dei territori sottomessi alla dominazione ottomana era molto diverso da quello dell’Occidente illuminista.
La traduzione di parte del Viaggio del giovane Anacarsi dell’Abate Barthélemy (in particolare quella relativa alla Tessaglia), si colloca evidentemente sulla stessa linea dell’Olimpiade, ma nasconde anche un’operazione più complessa. Una delle ragioni dichiarate del trasferimento di Rigas a Vienna, nell’agosto del 1796, infatti, era dare alle stampe delle carte geografiche: lo testimonia il rapporto del console austriaco a cui s’è accennato più sopra.
Di queste carte geografiche, due gli erano probabilmente state commissionate dagli stessi Principi di Moldavia e di Valacchia. L’opera cartografica a cui si dedicò per prima, però, è la gigantesca, per l’epoca, Carta dell’Ellade in 12 fogli, che nell’insieme misura circa due metri per due.
Dei dodici fogli, il primo, che contiene la zona di Costantinopoli, con la carta topografica della città in un riquadro, circolò anche separatamente già alla fine del 1796.
Il collegamento con l’edizione del Viaggio del Giovane Anacarsi è dichiarato; il titolo è però circondato da incisioni, che rappresentano scene della mitologia e figure simboliche, fra cui Eracle che brandisce la clava (simbolo della Grecia) e combatte contro un’amazzone armata di scure bipenne (simbolo dell’Oriente).
Questo riferimento cifrato rinvia certamente all’altra opera che Rigas pubblicò a Vienna, senza l’imprimatur della censura, quell’Atto Costituzionale che di lì a poco doveva costargli la vita.
La grande Carta dell’Ellade, che comprende anche Costantinopoli, l’Asia Minore e i Principati Danubiani, infatti, è anche la carta del nuovo stato prefigurato da Rigas, la Repubblica Ellenica il cui simbolo, da ricamare sulle bandiere e da incidere o disegnare sull’elmo e sui berretti dei combattenti, è appunto la clava di Eracle, sormontata da tre croci.
L’intensa attività tipografica di Rigas a Vienna, fra l’agosto del 1796 e il dicembre del 1797, dunque, ruota attorno alla preparazione del suo disegno rivoluzionario: la pubblicazione clandestina del Manifesto Rivoluzionario, della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dell’Atto Costituzionale, intesa a divulgare i principi dell’Illuminismo e ad applicare una costituzione rivoluzionaria (quella giacobina del 1793) ai territori dell’Impero Ottomano, dopo la loro liberazione, si completa con una descrizione visiva dei territori interessati.
Per chi non sia in grado di comprendere appieno i ragionamenti astratti, una versione poetica delle idee rivoluzionarie è poi rifusa nell’Inno guerresco, il Thurios, che si può imparare a memoria e cantare, e che compendia in alessandrini e in immagini di rivolta i concetti altrimenti espressi nei testi più propriamente teorici e scientifici.
La sorte di quest’ultima opera di Rigas, coronamento di tutta la sua attività letteraria e politica, è stata molto diversa da quello che l’autore si era proposto: tutta la tiratura, spedita a Trieste per essere poi avviata in Grecia con altre mercanzie, fu accidentalmente scoperta da un socio del destinatario, che si affrettò ad avvertire la polizia austriaca, e fu quindi prima confiscata e poi distrutta.
Le copie a stampa, eventualmente distribuite prima della spedizione, furono poi messe al bando anche nei territori dell’Impero Ottomano: Rigas fu scomunicato dal Patriarca di Costantinopoli e le pubblicazioni incriminate furono condannate al rogo, per cui a noi non ne è pervenuto nessun esemplare.
Al suo arrivo a Trieste, nel dicembre del 1797, l’ignaro Rigas trovò ad attenderlo la polizia, che lo catturò e lo trasferì nuovamente a Vienna, dove furono portati anche gli altri suoi compagni, arrestati in varie parti dell’Impero: Efstratios Arghentis a Vienna, Ioannis Karatzàs a Budapest, Antonios Koroniòs a Trieste; e ancora: Dimitris Nikolidis, Theocharis Gheorghìu Turuntzias, i fratelli Ioannis e Panaghiotis Emmanuìl - tutti di origine greca, e sudditi ottomani. Furono anche arrestati alcuni sudditi austriaci, primo fra tutti l’editore di Rigas e dell’"Efimerìs", Markides Puliu, e altri.
Si trattò, insomma, di una grossa operazione di polizia: Vienna, e l’Austria (col suo porto di Trieste) non erano più il luogo in cui Rigas era vissuto al tempo della seconda guerra russo-turca, quando si vedevano di buon occhio le raccolte di fondi dei Greci e dei filelleni russi per armare la flottiglia corsara di Lambros Katsonis, che partiva da Trieste per andare a fare i suoi colpi di mano contro la flotta ottomana, allora nemica.
La pace con la Turchia era stata firmata nel 1792, e l’Austria aveva ora a che fare con gli eserciti napoleonici, rappresentanti di quella Rivoluzione Francese a cui Rigas e i suoi si ispiravano. È vero che nell’ottobre del 1797, con la Pace di Campoformido, Napoleone aveva ceduto all’Impero Austriaco la Repubblica di Venezia: la Francia aveva, però, occupato le Isole Ionie, controllando in tal modo l’accesso all’Adriatico - e, come la storia successiva si incaricò di dimostrare, restava la nemica numero uno dell’Austria.
Gli scritti rivoluzionari di Rigas, dunque, erano pericolosi, e andavano distrutti, con la minore pubblicità possibile. A noi sono pervenuti in due copie manoscritte, fatte probabilmente da seguaci di Rigas che volevano conservarne la memoria, e in due traduzioni: una, in tedesco, fatta per conto della magistratura di Vienna, e una in russo.
Il pensiero di Rigas non ebbe così modo di circolare fra i Greci se non attraverso il Thurios, che per molto tempo è stato l’unica sua opera largamente nota in Grecia, e che non rende giustizia alla sua originalità e al suo valore di pensatore illuminista e di divulgatore culturale, anche perché, più che un’opera poetica è un manifesto rivoluzionario in versi.
Nemmeno a livello europeo il pensiero di Rigas è stato recepito: né gli Austriaci, né gli Ottomani avevano interesse a processarlo pubblicamente, aprendo una discussione sulle ragioni che richiedevano la sua condanna a morte, perché sarebbe stato comunque un modo per far circolare le sue idee, in un momento in cui i fermenti rivoluzionari erano pericolosamente diffusi.
Dopo una lunga istruttoria, dunque, gli Austriaci decisero di consegnare ai Turchi i sudditi ottomani, esiliando (per lo più temporaneamente) i sudditi austriaci implicati nella vicenda: nel maggio del 1798 Rigas e gli altri sette suoi compagni menzionati più sopra furono consegnati al kadì di Belgrado, che li fece rinchiudere nella fortezza del Kalimegdan e, senza processo, li fece strozzare e buttare nel Danubio il 24 giugno dello stesso anno.